venerdì 21 maggio 2010

negare aneliti di normalità

ieri sera, un po' contro voglia ho guardato anno zero. Dico contro voglia perchè sono convinta di una cosa: annozero, ballarò, report.... tutti programmi sconsigliati a chi come me ha una ridotta capacità di controllo dell'indignazione. Poi però il raziocinio mi porta a riflettere sulla rarità di programmi di dibattito e informazione socio-politica, e, non solo, sulla precarietà dei palinsesti del servizio pubblico, sforettati dai cecchini del consiglio di amministrazione rai, con le orecchie rosse per sovraesposizione alla cornetta del telefono.

Quindi, pizzichi sulla pancia e atteggiamento scocciato -da telecomando in mano,pronta al zapping-, mi metto davanti alla tv.

Prima di arrivare al nocciolo della questione mi preme fare due considerazioni.

1. Quanto mirabile e di effetto è la costruzione dell' anteprima del programma: Michele Santoro fa il suo monologo Lucarelliano nello studio a luci spente, seguito dalla bellissima sigla che già ti mette l'ansia perchè ti riporta a suggestioni degne de "LA Piovra" dei tempi d'oro.

2. Pur eccelsa nella regia della trasmissione, ieri ho trovato il pistolotto inziale di Santoro stucchevole, quasi un pianto stizzito e infantile. Forse deluso dai suoi amichetti di sinistra che non hanno esitato a sparargli delle bordate enormi alle spalle, non appena si è paventata la notizia dell'accordo con i vertici della Rai. A Michele non è andato giù, perchè gli piaceva uscire di scena con gli onori e con il portafoglio, ma, si sa, in questo Paese dove la perla più preziosa è nella lettiera del suino più grasso, c'è posto solo per una mascherina: se vuoi essere il personaggio scomodo, che tu lo sia fino alla fine. Se vuoi essere parte del quartierino, lo fai, ma in silenzio, altrimenti vedrai che ti buttano giù dalla torre dove tu stesso sei salito senza spinte. Nuovamente giù.

E arrivo al clou. Ieri la puntata era dedicata allo scandalo pedofilia nella chiesa cattolica.
Con tanto di video, testimonianze delle vittime e carteggi firmati dalle più alte cariche vaticane, i repoter hanno dimostrato quanto malamente la chiesa abbia gestito in passato il problema, spesso ignorando denunce controfirmate di continui abusi, oppure insabbiando il tutto, limitandosi a spostare il "peccatore" da parrocchia in parrocchia.

Oggi, davanti ad evidenze che solo uno stolto o un fanatico sarebbe capace di non vedere, il papa, messo spalle al muro, piange lacrime davanti alle vittime degli abusi di malta. le telecamere lo riprendono. I media si urla al cambiamento, al miracolo: la chiesa è pronta a cambiare.
Ma può un cambiamento tale, che riguarda non tanto il passato, quanto il presente e il futuro della chiesa e il suo modus operandi, misurarsi da un discorso di ammissione di colpa o da lacrime del santo padre durante un pubblico incontro?

Un giornalista, che ha cuore soprattutto i fatti e che deve per deontologia andare a fondo alle notizie, avrà a cuore di capire se realmente si stanno attuando quelle riforme che vanno a scardinare le intemperanze e le coperture delle gerarchie ecclesiastiche, dando potere decisionale alle autorità locali, ordinando la consegna dei pedofili alla giustizia in maniera consequenziale alla denuncia dell'abuso, non più nascondendoli all'interno dei loro confessionali o in qualche chiesa di campagna?

Vien da se che se la chiesa cattolica, ad esempio, paga tuttora le indistruttibili difese penali dei preti pedofili maltesi, e protegge negando la denuncia di quello di loro che ha cercato esilio a Roma scappando dalla giustizia del suo paese, pochi crederanno il quelle lacrime, che sanno di circostanza.

e poi, ciò che non mi spiego è questo. Tutti pronti a gridare al miracolo per un'ammissione di colpa. Ma poi questa colpa è stata ammessa del tutto?
Nessuno ha dato spiegazione di quei numerosi silenzi vaticani di fronte alle denunce. Perchè si è scelto di tacere? Perchè il vescovo di Firenze ha chiesto alla vittima di insabbiare i continui abusi subiti da lei e da tutta la comunità, mettendola in guardia sul "pericolo di fare peccato" andando a denunciare il parroco violentatore? Ma soprattutto se ciò, come molto altro risulta essere verità comprovata, perchè questo vescovo è ancora lì sulla sua seggiola?

La risposta che mi sono data è questa. Se veramente ci fosse una giustizia e si avesse il coraggio di andare in fondo, di incalzare con domande scomode non il pescetto piccolo presente ieri in trasmissione (che poi non è stato fatto neanche con lui), ma di andare a sventolare le carte delle prove sotto il naso dei vari Bertone e Ratzinger, chiedendo loro il perchè delle malefatte e dei perpetrati silenzi, forse si darebbero alla vittime dei segnali più significativi delle lacrime.

Se vi fosse un vero dibattito sulla chiesa e il suo operato, che preveda a domande risposte obbligate. e che i reati siano perseguibili, anche le più alte cariche inquistite e interrogate, forse avrebbe ancora senso parlare di fede e di chiesa del popolo.

Ma fin da piccoli ci hanno insegnato cos'è il dogma, cos'è il mistero, e in base a questo, da bravi fedeli, non dobbiamo aumentare ma infangare il nostro senso critico, e credere nella beatitudine della tonaca, qualsiasi misfatto essa sia pronta a coprire.

Più volte ieri ho sentito parlare del problema della castità e della sua eventuale correlazione con le ragioni della pedofilia dei preti.

Ancora una volta, questo modo riduttivo di affrontare il problema da parte di giornalisti e politici mi ha lasciato senza parole.
Dare la possibilità di sposarsi ad un prete può essere la panacea di tutti i mali?
Perchè non ci chiediamo, come ha tentato di fare Nichi Vendola, se il problema nasce nel modo che la chiesa ha di affrontare la sfera della sessualità, sia nella dottrina che nell'educazione.
Negare che un individuo abbia degli impulsi sessuali nella sua fase di crescita, dalla più tenera infanzia fino all'adolescenza e all'adultità, equivale a buttare nella spazzatura non solo decenni di passi avanti della scienza pedagogica, ma può diventare una prassi molto pericolosa in mano a chi forma le coscienze di miliardi di individui nel mondo.

Veicolare positivamente la sessualità verso l'accettazione e il riconoscimento dei propri impulsi è, non solo compito di educatori e genitori consapevoli, ma anche l'esatta antitesi della repressione e della demonizzazione.

Se fornicare è peccato, come ci insegnano alla dottrina fin dalla più tenera età (senza peraltro, spiegarci cosa significa la parola fornicare) la rivoluzione ormonale che si presenta naturale con la crescita sarà vista dal ragazzo come una cosa insana, da nascondere, da reprimere.

La sublimazione dei sensi che può portare alla castità può solo essere un punto di arrivo di un percorso di fede che porta un individuo adulto e cosciente a prendere consapevolmente tale decisione.
Invece molti preti, credo siano la maggior parte degli ordinati, hanno vissuto tale imposizione fin dall' infanzia, costretti ad una crescita repressiva e innaturale.
Fin dalla più tenera età sono stati abbandonati dalla famiglia, che imponendosi alla loro autocoscenza li ha affidati ad istituti
religiosi chiamati seminari. Qui migliaia di bambini dello stesso sesso si preparano a diventare uomini tra le mura di quello che è un soggiorno forzato che non hanno meritato. Sono lontani dall'affetto genitoriale, ricevono un'educazione religiosa e una sovraesposizione all'indottrinamento. Sono costretti a stare lontani dall'altro sesso, non si interfacciano con la diversità, con la società. Vivono la loro individualità in camerate da dieci letti, in bagni aperti e comuni, non hanno privacy e sono costretti a condividere anche il più nascosto impulso naturale con il vicino di letto.
Imparano fin da piccoli che la masturbazione è peccato, e viene imposta loro una castità senza che abbiano avuto la possibilità di sceglierlo e quanto meno di conoscere cosa significa la sessualità. Io questa la chiamerei, come dire, evirazione dottrinale? Da questo modus operandi possano nascere degli squilibri, se non delle problematiche una volta impiantati questi esseri umani ormai adulti nel il mondo che li circonda, fatto di realtà, di impulsi, di normalità sempre più a fatica costretta nel tabù?
Allora il problema dov'è?
Nella gerarchia ecclesiastica? Nel difficile e mai del tutto sanato rapporto tra stato e chiesa? nell'incapacità di gestire in maniera giustizialista la cappa di copertura di mistero che vige all'interno dello stato vaticano?
Tutte queste cose insieme.
Ma una parte del discorso, come ho tentato di dimostrare, sta più a fondo.

Fino a quando la dottrina cattolica reprime la sessualità dei suoi adepti e stigmatizza la crescita e l'autocoscienza dei bambini nella loro sfera di intimità e di rapporto con il proprio corpo, avremo adulti che non sanno controllare i propri impulsi e ascoltare i propri desideri, non conoscendoli, non essendo abituati a far altro se non a reprimere e nascondere i propri aneliti di normalità.

1 commento:

  1. Individuare esattamente il nocciolo della questione, non significa poterla risolvere rapidamente. Non credo che la dottrina cattolica sia disposta a rivedere completamente la sua idea di una sessualità finalizzata esclusivamente alla riproduzione della specie; negandone al contrario la sua libera espressione come pulsione naturale.
    Si tratta di superare dogmi consolidatisi nel tempo e proprio per questo anche un eventuale piccolo cambiamento sarebbe un grande successo.
    Per quanto riguarda Santoro, vista la deriva affaristica e subdola, alimentata con pervicace cinismo dall'alto, l'ultima cosa che farei è quella di imputargli la benchè minima colpa su qualsivoglia argomento: sarebbe fare il gioco dei subdoli!

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