lunedì 15 marzo 2010

Sui ventenni, i compartimenti stagni, la destra e la sinistra

Questa mattina, come spesso succede da quando ci svegliamo l'uno accanto all'altra, io e Olli abbiamo intavolato (insieme a biscotti e caffè) una di quelle discussioni chilometriche, su di noi, sulla gente e per finire sui massimi sistemi(leggi "politica"). Il tutto immancabilmente fa venire mal di pancia a me, arrivare in ritardo al lavoro lui e smuove dentro voglia di continuare la discussione e di scrivere.
Oggi quindi era la volta dei "ventenni".

In realtà è partito tutto da una di quelle mie affermazioni che volente o nolente, aprono una voragine, dove mio marito ama addentrarsi impavido: "Stare con Tizio Caio e Gino mi fa stare bene, mi fa sentire cinque sei anni in meno", e lì Olli, pronto al salto nel vuoto "Cioè?"

Cioè?
è una bella domanda cioè
come faccio a spiegarti, senza farti arrivare tardi al lavoro?

Tizio Caio e Gina sono, chi più chi meno, miei coetanei.
Sono simpatici, intelligenti e ironici come piace a me.
Però c'è quel qualcosa che ci divide, o meglio che ci unisce nel momento in cui faccio un passo in dietro nel mio modo di pensare e di ragionare sul mondo, e torno a me stessa a vent'anni. Quindi...
" A vent'anni tu com'eri? Io, ed era facile non credere, molto più di adesso, ragionavo per "compartimenti stagni", incasellavo tutto in categorie che avevo io stessa creato: pro o contro questo, come questi e diversi da quelli, dentro o fuori".
Era semplice.
A vent'anni sei poco più di un ragazzino, ma ti senti già un uomo.
Sei un universitario, o magari già lavori, e questo ti differenzia dai liceali, dagli adolescenti devi in qualche modo essere diverso.
Devi dimostrare che ragioni con la tua testa, che hai gli strumenti per giudicare la società, le situazioni e quello che ti circonda.
E nel far questo le categorie ti aiutano, basta incasellare il tuo ancora "non" pensiero, o "quasi" opinione, e lasciarsi trasportare nel flusso che ti canalizza durante la crescita e la ricerca della identità, da una parte o dall'altra del branco.
E' una specie di autorealizzazione del sè attraverso la definizione dell'altro, senza stare a scomodare Freud.
E quindi ecco uscire fuori, parlo sempre di Tizio caio e Gina, affermazioni del tipo "No, perché "le ragazze" oggi si comportano in questo modo, quelli che si vestono così, quelli che ascoltano cosà, quelli di destra e i tizi di sinistra" e un via di casellette, il che prospetta uno scenario per quanto semplice, piuttosto semplicistico della vita e del mondo.

Ovvero si può pensare di racchiudere la gente in gruppi, ai quali corrispondono modi di vivere e quindi comportamenti, e quindi la costruzione del tessuto sociale divisa in branchi che si differenziano tra loro in base ad atteggiamenti standardizzati e quindi prevedibili?
Noi parliamo di ventenni e atteggiamenti stereotipati e ci è difficile pensare, in quanto individui, al mutismo del sè, alla autocensura del proprio io regnante e dispotico della nostra autodeterminazione, in barba, o quantomeno scomodo, a quanto legifera fuori dal nostro contesto celebrale.
Ma quanto scomodo è ammettere che decenni di filosofia, sociologia e psicologia hanno basato e in alcuni casi ancora basano, ricerche, sperimentazioni e teorie sulla "logica del soldatino e del burattinaio?".....siamo forse tutte paperelle e il branco è il Konrad Lorenz che ci dà l'imprinting?

E qui mio marito, come una falce (simbolo politico che più lo rispecchia)
"Tu pensi che solo i ventenni abbiano questo modo di fare? Conosco tanti miei coetanei sulla quarantina che ci sguazzano sui ragionamenti standardizzati"
E qui ha ragione, e ci penso a sabato sera, quando la non proprio ventenne mi ha chiesto se non fossi troppo elegante per andare in quel locale da alternativi....
Però è vero, allora quel ventenne rimane dentro di noi, c'è e lo tiriamo fuori all'occorrenza, Quando non abbiamo voglia di mettere in discussione le cose, quando non vogliamo sfoderare il nostro senso critico, quando ci pesa spostare il culo di qualche metro, solo per girare il capo e cercare un nuovo punto di fuga.
O semplicemente quando, nella nostra caselletta, mistati col gruppo e con le consuetudini, ci sentiamo al sicuro, al riparo da quelle domande scomode, al calduccio e intonati, vestiti bene e anonimi.


F.